SMETTERE DI SOGNARE NON VUOL DIRE NON CREDERE PIU' NEI SOGNI
Negli ultimi quindici anni Teo aveva dedicato anima e corpo alla maratona e lentamente aveva preso forma il sogno di ogni maratoneta: partecipare alla maratona di NY.
Il suo sogno si è infranto contro una diagnosi spietata per un maratoneta. Una rarissima forma di distrofia. Poteva tranquillamente continuare a praticare le sue attività sportive, ma la maratona di NY era stata tassativamente vietata.
Aspettava che la malattia lo aggredisse, rinchiuso giorno e notte nel suo studiolo tappezzato di foto e articoli di giornale dei suoi eroi, i grandi della maratona: Dorando Pietri, Emil Zatopek e tanti altri. Ma in una gigantografia la leggenda: Adebe Bikila che alle Olimpiadi di Roma nel '60 percorse più di 42 km a piedi nudi in mezzo alle antichità di Roma, terminando vittorioso sotto l'Arco di Costantino.
Ogni giorno osservava e riosservava ossessivamente quelle foto, puntandogli una vecchia lampada snodabile, che sempre con lo stesso cigolio, emetteva una luce giallastra rendendo quelle vecchie foto ancora più affascinanti.
E poi l'eroe avvolto da leggende bizzarre: Carlo Airoldi, un ragazzotto che agli esordi nelle corse pedestri, partecipò nel 1895 alla Torino-Marsiglia-Barcellona. A un paio di km all'arrivo di Barcellona il suo rivale fu colto dai crampi e si accasciò. Airoldi se lo caricò sulle spalle e appena a pochi metri dal traguardo lo scese. Airoldi vinse e il suo rivale arrivò secondo.
Teo aspetta, aspetta la malattia. Ma il tempo si sa, passa anche nel buio, passa comunque, anche quando lo vorremmo fermare. Passa anche senza speranza. Tutto nella vita ha bisogna di qualcosa per andare avanti, tutto si muove spinto da una qualche energia, visibile o invisibile. Il tempo no! Scorre senza energia, al di fuori di tutto e tutti ... Scorre e basta!
E così arrivò il suo compleanno, nel buio dell’attesa.
Come ogni giorno, entrò nello studiolo a incontrare i suoi silenziosi amici e sulla scrivania era poggiato un regalo. Adele, la sua donna di sempre, ormai estromessa dal mondo cupo e desolante di Teo, vive ancora la speranza.
Dentro il pacchetto una scatola di legno con su scritto: “Smettere di sognare non vuol dire non credere più nei sogni”
I suoi pensieri vagavano nel buio, sospesi in un'aria polverosa e sporca. Lesse ancora una volta quella frase e con un gesto brusco aprì la scatola. Dentro, un libro: “Il testamento del maratoneta”
Era il diario del suo eroe, Airoldi, ritrovato in una scatola murata della sua vecchi casa. Sopra la scatola Airoldi aveva disegnato i cinque cerchi olimpici con su una scritta: "Smettere di sognare non vuol dire non credere più nei sogni"
Una frase contorta, complicata, che racchiude tutta la sofferenza di un uomo che dopo aver corso per chilometri e chilometri, si è dovuto fermare.
Perché un maratoneta soffre sempre, sia quando crolla ormai vicino al traguardo, sia quando sfonda il nastro d'arrivo. Sono individui tormentati e come tutti i tormentati, hanno bisogno di stare ammollo dentro quel liquido denso e cocente della sofferenza.
G.C. Condividi questo racconto